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l'equilibrio dei poteri

Di Enzo Biagi
Tratto da “corriere della Sera” del 25.6.2006

Oggi e domani torniamo ancora alle urne. Questa volta si tratta di un referendum confermativo: gli italiani devono dire se accettano o no di cambiare, in una botta sola, un terzo della Costituzione. Per poter governare cinque anni, il governo Berlusconi decise di pagare pegno alla Lega approvando una riforma federalista che comporterebbe non poche novità per la nostra vita, dalla sanità alla polizia municipale, ai rapporti fra le regioni più ricche e quelle più povere dal Paese. La Costituzione ha quasi sessant'anni e la maggior parte del centrodestra la considera vecchia e superata. Vorrei ricordare che quando si cita un esempio di Paese libero si parla non a caso degli Stati Uniti: ebbene la loro Costituzione è ben più vecchia della nostra eppure nemmeno a George Bush è mai venuto in mente di modificarla.
Perchè non ci siano equivoci dichiaro subito che sono per il No e che condivido al cento per cento le parole dell'ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi: "L'impianto e gli equilibri della nostra Costituzione sono validi". Devo spiegarmi, però. Penso che in una sana democrazia se si vogliono modificare le regole, se si vogliono cambiare le fondamenta, non si possa procedere a colpi di maggioranza o addirittura di fiducia, ma bisogna che ogni modifica sia condivisa anche dall'opposizione.
Credo poi nel ruolo che ha attualmente il presidente della Repubblica: sopra le parti, con la facoltà di sciogliere le Camere, garante di tutti i cittadini e di tutte le forze politiche. Per questo non mi fa stare per niente tranquillo la proposta di dare al presidente del Consiglio più poteri, troppi poteri, rompendo l'equilibrio che c'è ora. E' vero che adesso siamo ben ancorati in Europa, è vero che dai tempi di Benito Mussolini sono apssati molti anni, ma i meccanismi di un sistema politco sono delicati, tanto più se è bbastanza giovane come il nostro, e prima di toccarli val la pena di pensarci bene. E trovarsi tutti d'accordo.
Un motivo in più per non fidarmi di chi insiste per varare regole nuove trasformando il referendum in un voto politico, a favore o contro il governo. Guardiamo un attimo indietro. Nel 1992 incontrai il professor Gianfranco miglio, ideologico della Lega e a quei tempi in ottimi rapporti con Umberto Bossi. Gli chiesi come era nata l'idea di quel movimento e mi rispose che i presupposti erano il cambiamento radicale della Costituzione e la costruzione di un nuovo ordinamento federale. Gli domandai ancora se i leghisti avevano qualcosa di meglio o di peggio rispetto agli altri militanti. "Sono cittadini - mi rispose - che non sono stati ancora contaminati dai vantaggi del potere e noi faremo in modo, con le riforme, che non lo siano mai". Poi qualcosa si ruppe tra lui e il Senatùr, ma quel sogno evidentemente è rimasto. Peccato che sia stato un po' sciupato dai nai e dalle ballerine della Seconda Repubblica. Ogni giorno, ormai, si scopre una brutta pentola: prima il caso Fazio e i furbetti del quartierino, poi Calciopoli, nei giorni scorsi le pesanti accuse a carico di Vittorio Emanuele di Savoia. Tanta corruzione.
Quel movimento, con il suo sogno che già allora non convinceva affatto, non è rimasto lo stesso: Bossi e i suoi, per dare qualche risultato concreto al popolo del Carroccio, hanno fatto un compromesso con chi rappresenta tutto quello che l'ispirazione della Lega voleva negare. Giochi di potere che non giustificano certo la cancellazione dei principi che ci hanno accompagnato fin dalla lotta per la Liberazione e che restano l'obiettivo della Costituzione: libertà, uguaglianza e giustizia sociale.

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