Oggi e domani torniamo ancora
alle urne. Questa volta si tratta di un referendum confermativo:
gli italiani devono dire se accettano o no di cambiare, in una
botta sola, un terzo della Costituzione. Per poter governare cinque
anni, il governo Berlusconi decise di pagare pegno alla Lega approvando
una riforma federalista che comporterebbe non poche novità
per la nostra vita, dalla sanità alla polizia municipale,
ai rapporti fra le regioni più ricche e quelle più
povere dal Paese. La Costituzione ha quasi sessant'anni e la maggior
parte del centrodestra la considera vecchia e superata. Vorrei
ricordare che quando si cita un esempio di Paese libero si parla
non a caso degli Stati Uniti: ebbene la loro Costituzione è
ben più vecchia della nostra eppure nemmeno a George Bush
è mai venuto in mente di modificarla.
Perchè non ci siano equivoci dichiaro subito che sono per
il No e che condivido al cento per cento le parole dell'ex presidente
della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi: "L'impianto e gli
equilibri della nostra Costituzione sono validi". Devo spiegarmi,
però. Penso che in una sana democrazia se si vogliono modificare
le regole, se si vogliono cambiare le fondamenta, non si possa
procedere a colpi di maggioranza o addirittura di fiducia, ma
bisogna che ogni modifica sia condivisa anche dall'opposizione.
Credo poi nel ruolo che ha attualmente il presidente della Repubblica:
sopra le parti, con la facoltà di sciogliere le Camere,
garante di tutti i cittadini e di tutte le forze politiche. Per
questo non mi fa stare per niente tranquillo la proposta di dare
al presidente del Consiglio più poteri, troppi poteri,
rompendo l'equilibrio che c'è ora. E' vero che adesso siamo
ben ancorati in Europa, è vero che dai tempi di Benito
Mussolini sono apssati molti anni, ma i meccanismi di un sistema
politco sono delicati, tanto più se è bbastanza
giovane come il nostro, e prima di toccarli val la pena di pensarci
bene. E trovarsi tutti d'accordo.
Un motivo in più per non fidarmi di chi insiste per varare
regole nuove trasformando il referendum in un voto politico, a
favore o contro il governo. Guardiamo un attimo indietro. Nel
1992 incontrai il professor Gianfranco miglio, ideologico della
Lega e a quei tempi in ottimi rapporti con Umberto Bossi. Gli
chiesi come era nata l'idea di quel movimento e mi rispose che
i presupposti erano il cambiamento radicale della Costituzione
e la costruzione di un nuovo ordinamento federale. Gli domandai
ancora se i leghisti avevano qualcosa di meglio o di peggio rispetto
agli altri militanti. "Sono cittadini - mi rispose - che
non sono stati ancora contaminati dai vantaggi del potere e noi
faremo in modo, con le riforme, che non lo siano mai". Poi
qualcosa si ruppe tra lui e il Senatùr, ma quel sogno evidentemente
è rimasto. Peccato che sia stato un po' sciupato dai nai
e dalle ballerine della Seconda Repubblica. Ogni giorno, ormai,
si scopre una brutta pentola: prima il caso Fazio e i furbetti
del quartierino, poi Calciopoli, nei giorni scorsi le pesanti
accuse a carico di Vittorio Emanuele di Savoia. Tanta corruzione.
Quel movimento, con il suo sogno che già allora non convinceva
affatto, non è rimasto lo stesso: Bossi e i suoi, per dare
qualche risultato concreto al popolo del Carroccio, hanno fatto
un compromesso con chi rappresenta tutto quello che l'ispirazione
della Lega voleva negare. Giochi di potere che non giustificano
certo la cancellazione dei principi che ci hanno accompagnato
fin dalla lotta per la Liberazione e che restano l'obiettivo della
Costituzione: libertà, uguaglianza e giustizia sociale.
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