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la Costituzione
non può essere di parte

Di Vincenzo Vasile
Tratto da “L'Unità” del 22.6.2006

Tra qualche anno li rivedremo a "Blob" - e speriamo di poterlo fare divertendoci con gusto satirico - questi incredibili spot sul referendum che hanno aggiunto una pennellata di assurdo al quadro confuso della campagna che si conslude in queste ore di vigilia del voto del 25 e 26 giugno. Abbiamo visto gli inserti incomprensibili e ipertecnicisti della Rai e quelli taroccati e demagogici di Mediaset. Dagli uni e dagli altri si ricava un mesaggio falsato che oscura la gravità del pasticciato compromesso tra secessione e ipercentralismo che caratterizza il testo scritto in una baita di montagna da quattro "saggi" tra cui spicca l'ex ministro Calderoli e approvato in Parlamento in extremis dalla passata maggioranza.
Una troppo felbile e tardiva protesta non è riuscita a ottenere se non negli ultimi giorni che l'informazione di base fosse riportata a un minimo di correttezza. E il risultato delle urne dirà quanto l'anomalia televisiva italiana avrà pesato ancora una volta su un appuntamento decisivo per la democrazia.
Il primo tema caduto sotto il maglio della disinformazione è proprio questo: il valore cruciale di una modifica della carta fondamentale su cui si regge da sessanta anni la nostra convivenza. E' stato un testimonial del "No" di tutto rispetto come Carlo Azeglio Ciampi a indicare la chiave giusta nell'annunciare la propria intenzione di voto. "Non ho difficoltà a dire - ha detto venerdì scorso - che andrò a votare per il referendum e voterò No, convinto come sono della validità dell'equilibrio e dell'impianto di fondo della nostra Costituzione".
I 53 articoli stravolti dai dilettanteschi "saggi" del centrodestra mettono in crisi, per l'appunto, come dice Ciampi, "l'equilibrio e l'impianto" di quel documento. Ma partendo dall'illustrazione del nuovo testo, spezzettato scheda per scheda come è accaduto nelle trasmissioni televisive di queste settimane, si riduce la questione a un ingegneristico pastrocchio di norme difficili da capire. Sulle quali si suggerisce all'elettorato una sorta di qualunquistica equivalenza, con la differenza di una presunta "innovazione" contenuta nella riforma. non è un caso se - in assenza di argomenti che possano sotenere senza rossori di vergogna la bontà delle norme sulla devolution - la destra abbia puntato amartellare l'opinione pubblica sul tasto (falso) della risuzione dei parlamentari e sul presunto "snellimento" che ne deriverebbe.
Invece, questa riforma è costosissima: mentre il buco di bialncio lasciato dal governo Berlusconi e dalle fantasie contabili di Giulio Tremonti lascia presagire la necessità di futuri sacrifici, già si parla di centodieci miliardi di euro di surplus di spese che verrebbero indotte dalla duplicazione delle procedure "devolute" alle regioni e nel frattempo contemporaneamente intestate allo stato centralistico.
E si parla di una macchina statuale destinata a una paralisi grave e senza precedenti: con la follia dell'introduzione di almeno tre possibili procedure di legislazione (ma anche sette in casi estremi); con la caotica duplicazione degli apparati; con l'attribuzione alle regioni di competenze esclusive su materie essenziali come la scuola, la sanità, la polizia amministrativa. Non è un caso se nei dibattititv gli strepiti dei paladini del Sì abbiano cercato di coprire alcuni esempi istruttivi degli effetti devastanti dello spezzatino cui verrebbero sottoposti (da subito9 sopratutto il sistema sanitario e quello scolastico. Le porte che alcune regioni potrebbero sbarrare ai malati provenineti dall'esterno dei propri confini. L'impossibilità per il sistema formativo così riformato attraverso programmi di studiodifferenziati in Calabria e a Torino, di assicurare un rapporto con il mercato del alvoro nell'era delle flessibilità e della mobilità territoriale. L'iniquità di una concezione iperliberista che antepone interessi privati ed egoistici al bene comune e aumenta le disparità territoriali e sociali.
Nella sua rozzessa è stato Umberto Bossi a ricordare quale sia la posta. Per la Lega questa riforma è l'anticamera dela secessione, e se non passasse il Sì, il leader leghista ricatta pubblicamente i suoi alleati prospettando il trasferimento della partita su "strade" non democratiche. Il compromesso scadente e raffazzonato che è derivato da questo brutale pressing non poteva non produrre un testo pasticciato e per larga parte inapplicabile. E una "riforma" concepita nel chiuso della conventicola della maggioranza non poteva non contraddire l'idea di una "Costituzione di tutti", su cui si basa qualunque patto costituzionale. L'hanno scritta tra loro, perchè doveva decretare il trionfo di un'idea chiusa dell'esercizio del potere, fondato sull'autosufficienza e sull'obbedienza plebiscitaria dei cittadini-spettatori.
Su questo, sì, c'è un accordo tra Cdl e Lega. E ne è venuto fuori il terremoto di quell'"equilibrio di fondo" che Ciampi ha richiamato. Un premier pigliatutto che scioglie, se vuole, un Parlamento a lui sgradito, nomina e revoca ministri, usa come appendipanni (definizione di Oscar Luigi Scalfaro) il presidente della Repubblica, maltratta la Corte Costituzionale e riduce l'autonomia dei magistrati.
Vogliamo dire che una Costituzione piegata a una logica di parte è il contrario di una storia democratica come la nostra, fondata sul pluralismo. Ma anche il contrario di una strada credibile per il futuro. E senza pasticci è possibile ipotizzare, come ha fatto Giorgio Napolitano, che si possa tornare in Parlamento - dopo il referendum - per condividere scelte appropriate e apportare modifiche sensate e riformatrici. Noi, aggiungiamo che la vittoria del No è lo strumento per tenere apeerta questa possibilità: premierebbe una concezione della politica che valorizza la partecipazione contro le deleghe in bianco, l'equità e i diritti contro le chiusure e le discriminazioni.
Il fascino della scorciatotia populistica, però, può fare presa, specie dopo un'intossicazione durata tanti anni. Ciò spiega l'estrema incertezza di sondaggi e pronostici. La posta in palio, per tutti questi motivi, è grossa e impegnativa. Bisogna fino all'ultimo minuto spiegarlo, con pazienza e attenzione.

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