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lo slancio che non c'è

Di Gianni Riotta
Tratto da “Corriere della Sera” del 19.6.2006

All'origine di ogni evoluzione politica democratica ci sono sì leader, interessi convergenti, opportunità concrete, individui e gruppi sociali ma c'è, soprattutto, un atto di generosità. Uno slancio ideale capace di cogliere le ragioni e i sentimenti della comunità, prima di quelli dei singoli e degli apparati. Non c'è astuzia, non c'è machiavello di corridoio che prevalgano sulla generosità. Il partito repubblicano americano vive ancor oggi del manto morale di Lincoln, che emancipa i neri, a prezzo di regalare il Sud ai democratici per un secolo. I democratici vantano il blasone dei nuovi diritti, conquistato — con gravissimo handicap elettorale — da Kennedy e Johnson.
È questo lievito ideale che manca finora nella tormentata genesi del partito democratico italiano, di cui il premier Prodi ha ricordato la gestazione durata ormai oltre dieci anni. Il leader della Margherita Rutelli e il segretario dei Ds Fassino sono sostenitori della svolta, come i dioscuri ds D'Alema e Veltroni e la Bonino. Non mancano entusiasmi, talvolta frivoli, nei media, tra intellettuali e imprenditori. Chi però ha davvero a cuore la nascita del partito democratico, per contribuire alla stabilità del sistema politico e alla chiusura dell'anomalia Italia dopo fascismo e Guerra Fredda, non può che notare come una fretta scriteriata, o una troppo lunga marcia, mineranno il progetto.
Nelle scettiche conversazioni romane le resistenze si spiegano con la paura degli apparati davanti al dimezzarsi delle poltrone. Se queste meschinità bastassero, vorrebbe dire che la fusione è un bluff. Il moto collettivo, capace di potare gli egoismi, è sperimentato nella nuova politica, che nel mondo occidentale tenta di trascendere la divisione destra-sinistra seguita alla Rivoluzione francese. Qui la formazione sognata da Prodi muoverà i primi passi.
La cancelliera democristiana tedesca Merkel, con la sua politica sociale ed internazionale, e la candidata socialista francese Royal con il manifesto per una sinistra capace di coniugare economia e giustizia, si avventurano lungo questa frontiera. Un partito dove confluiscono culture della prima repubblica, Dc, Psi, Pci, liberali, radicali e nuova sinistra può seguire le due primedonne europee, senza mostruosità da Frankenstein assemblato con vecchie anatomie. L'era globale sfuma gli ancestrali tabù di Dc, socialisti e comunisti, mentre bioetica e identità culturali, religiose, etniche o di genere animano destre e sinistre. Che sotto la nuova grande tenda convivano filosofie diverse, cattolici e laici, liberisti e teorici del welfare, significa che siamo nel XXI secolo.
Quanto alla sinistra massimalista, incalzata dalla forza riformista unita, dovrà affrontare il dilemma rinviato dal 1989, lavorare nel futuro o vivere di passato, cedendo il passo alle minoranze interne al partito democratico? Il maggiore contributo di Prodi al varo dei «democratici» è governare bene, azzittendo la cacofonia dei personalismi petulanti e dando sostanza alla ricetta sviluppo-rigore di Draghi e Padoa-Schioppa. Rutelli e Fassino affrontano la prova politica decisiva della loro vita: in particolare il leader ds, ferito dalla scissione di Rifondazione che tanti lutti ha portato alla sinistra, deve non perdere nessuno dei suoi al guado unitario, intravisto, in anni ingrati, dal presidente Napolitano. Fassino e Rutelli ricordino la saga delle due mamme che si contendono il bambino davanti a re Salomone. Il saggio monarca (altri tempi quelli!) minaccia di lacerare in due il poppante con la spada, ed è la madre vera che rinuncia al figlio, venendo così riconosciuta. Quando la storia arriva alle scelte drammatiche, la generosità è insieme la strategia più nobile e la più efficace.

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