Con sobria e lucida precisione,
la commissione ministeriale presieduta da Riccardo Faini di questo
ci informa: così come stanno le cose, il disavanzo delle
pubbliche amministrazioni supererà nel 2006 il 4,5 per
cento del prodotto; le entrate a mala pena copriranno le spese
al netto degli interessi (sei anni fa le superavano di oltre 4
punti) e neppure a tanto riusciranno in termini di cassa.
Il debito pubblico rispetto al prodotto crescerà per il
secondo anno consecutivo, tornando al livello di cinque anni fa.
Questi dati segnalano «la condizione estremamente difficile
in cui versa la finanza pubblica» e «configurano una
situazione di sofferenza… che non si è ancora manifestata
nella sua severità»; ne segue che «i tempi
per il risanamento vanno accelerati», anche per evitare
rischi sui mercati finanziari. Questo è dunque il lascito
che deve essere accettato senza beneficio di inventario e a cui
il nuovo Governo deve far fronte.
Per negare questa realtà, si costruiscono alternative implausibili.
Dice l´opposizione: basta attuare la legge finanziaria del
precedente Governo. La commissione Faini dimostra che: anche a
prendere per buone le cifre di quella legge, il disavanzo sarebbe
comunque superiore a quello previsto; vi è un´elevata
probabilità che alcune misure non producano gli effetti
desiderati; altre non possono essere attuate senza produrre effetti
devastanti «sui flussi di investimento, sull´occupazione
e sulla funzionalità dell´amministrazione».
Dicono altri: il solo rimedio è la crescita. Si cerchi
perciò di stimolarla, senza intervenire adesso sulla finanza
pubblica: con dosi massicce di liberalizzazioni e/o tagliando
i contributi sociali sugli occupati (il cosiddetto cuneo fiscale).
A tal fine si "negozi" con la Commissione europea un
rinvio del risanamento. Neppure questa alternativa è credibile.
Un mezzo punto in più di crescita riduce il disavanzo di
non più di un quarto di punto. Le liberalizzazioni, indispensabili,
producono benefici sulla crescita nel medio periodo. La riduzione
del cuneo fiscale deve comunque trovare copertura di bilancio.
In una situazione critica della finanza pubblica, che fa prevedere
per il domani interventi più drastici di quelli che occorrerebbero
oggi, le misure di stimolo hanno effetto modesto o nullo. E poi
Bruxelles. Dopo l´esperienza della prima metà degli
anni novanta, vi è ancora chi pensa che, se non fosse per
Bruxelles, potremmo fare quello che vogliamo? Lasciare che il
debito più alto d´Europa continui a crescere e ricomincino
a crescerne i costi? Trasferendo in conseguenza risorse alle deprecate
"rendite finanziarie" dei più abbienti? Lasciamo
stare la disciplina del 3%: ben prima che ci punisca Bruxelles
ci punirebbero i mercati, già prossimi a esaurire la loro
tolleranza. E allora non c´è dubbio. Verificata la
dose di veleno lasciata nel pozzo della finanza pubblica, occorre
sin d´ora mettere mano alla bonifica.
Ma come farlo, non essendovi dubbi sul se? In premessa, si ammetta
che non vi è spazio per la progettata riduzione generalizzata
di cinque punti del cuneo fiscale tutti in una volta e si escluda
il ricorso a espedienti effimeri. Sul versante delle entrate,
il recupero dell´evasione è opera meritoria, ma di
lunga lena. Dopo i pasticci combinati in campagna elettorale,
il comunque non semplice aumento della imposizione sui redditi
da capitale è una pratica per il momento accantonata. Di
efficacia più immediata potrebbe essere un intervento sull´Iva,
per aumentarne non le aliquote, ma il rendimento. Uno studio pregevole
di Roberto Convenevole, dell´Agenzia delle entrate, mostra
come in Europa l´Italia ha un´aliquota normale di
Iva fra le maggiori, ma il minor gettito rispetto al prodotto:
a motivo di vizi intrinseci del sistema che, gonfiando i rimborsi,
si manifestano soprattutto nei trasferimenti di abitazioni, nelle
imprese minori e nell´agricoltura. Sul versante delle spese,
abbiamo imparato che i tagli generalizzati sono non solo inefficaci,
ma dannosi all´efficienza. Sono possibili ulteriori interventi,
mirati, sulle spese di funzionamento delle amministrazioni, anche
per impedire l´elusione di vincoli e divieti. Ma sarà
difficile evitare una correzione della dinamica delle spese per
prestazioni sociali, che rappresentano la metà della spesa
corrente al netto degli interessi. Come ha indicato il Governatore
della Banca d´Italia, «vi sono due priorità
ineludibili»: l´età media del pensionamento;
la spesa di regioni ed enti locali per la sanità.
Le conclusioni della commissione Faini non giungono del tutto
inattese. Si poteva sperare il nuovo Governo avesse già
in riserva i rimedi necessari. Dopo l´annuncio ufficiale
dell´emergenza, si decida comunque con speditezza. Siamo
ai primi mesi di legislatura, quelli più propizi a interventi
coraggiosi. Se non ora, quando?
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