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Napolitano, il csm
e la durata dei processi

Di Vittorio Grevi
Tratto da “Corriere della Sera” del 9.6.2006

Al di là del significato formale del primo incontro del nuovo capo dello Stato con il Consiglio superiore della magistratura, da lui presieduto per dettato costituzionale, l’intervento svolto ieri dal presidente Giorgio Napolitano a Palazzo dei Marescialli non è apparso affatto rituale, pur nelle movenze brevi di un indirizzo di saluto. Vi sono presenti, infatti, tutti i contenuti più importanti che ci si poteva augurare venissero ripresi all’inizio del nuovo settennato, sulla scorta di un rapporto di stretta e dichiarata continuità con la gestione del presidente Carlo Azeglio Ciampi. Già in questa luce, per l’appunto, si era collocato - fin dal suo primo discorso alle Camere riunite - il riconoscimento rivolto da Napolitano al Csm quale «espressione e presidio dell’autonomia e della indipendenza» dell’ordine giudiziario «da ogni altro potere». E, in analogo contesto, si è collocato ieri anche l’impegno a essere «fermo difensore» del ruolo «essenziale per il corretto equilibrio istituzionale» attribuito dalla Costituzione al medesimo Consiglio superiore. È dunque questa la cornice nella quale si devono inquadrare anche gli altri riferimenti e gli altri auspici fatti propri dal capo dello Stato, a cominciare dall’appello verso il superamento delle «tensioni tra politica e giustizia», inevitabilmente destinate a turbare il sereno svolgimento della funzione costituzionale attribuita alla magistratura.
A questo appello si riallaccia il richiamo all’esigenza di tenere sempre «aperte le porte al dialogo»: sia nei rapporti con gli altri operatori dell’ambiente giudiziario (anzitutto con l’avvocatura, in quanto posta a presidio dell’«inviolabile» diritto di difesa) sia nei rapporti tra le varie forze politiche, alla ricerca di soluzioni il più possibili «condivise» sui problemi maggiormente rilevanti dell’amministrazione della giustizia. E, tuttavia, resta fondamentale - come ha ricordato anche il vicepresidente Virginio Rognoni - che l’imprescindibile compito di controllo della legalità svolto dalla magistratura non venga guardato con insofferenza da certi settori del mondo politico, dovendosi in ogni caso evitare che la dignità dei magistrati «venga ingiustificatamente ferita da gratuite forme di delegittimazione»: come è accaduto troppo spesso in un recente passato, anche da sedi istituzionali.
Passando alle prospettive da coltivarsi per restituire la necessaria funzionalità all’intero sistema della giustizia, che costituisce un «essenziale servizio pubblico» a tutela dei cittadini, Napolitano ha fornito due significative indicazioni: l’una di metodo, l’altra di merito.Quanto al metodo, è stata ribadita l’importanza di un rapporto di «leale collaborazione» del Csm con il ministro della Giustizia, sia sul versante dell’organizzazione degli uffici giudiziari e delle loro risorse (ma anche in tema di tempestività delle nomine alle funzioni direttive) sia sul versante della cooperazione legislativa (con esplicita sottolineatura del potere del Csm di dare pareri e di formulare proposte al ministro Guardasigilli).
Quanto al merito, l’accento del presidente Napolitano non poteva non cadere sul problema obiettivamente «più grave» della giustizia nel nostro sistema, rappresentata dalla eccessiva durata dei processi.
Un problema colpevolmente ignorato nella scorsa legislatura, del quale dovrà occuparsi a fondo il ministro Clemente Mastella: non solo modificando o rimuovendo le leggi poste all’origine delle maggiori disfunzioni, ma anche cominciando a operare tanti piccoli interventi settoriali, mirati al recupero dell’efficienza processuale. Senonché, prima ancora, come ha riconosciuto ieri lo stesso Mastella, sarà essenziale restituire ai magistrati serena fiducia e piena consapevolezza del proprio ruolo. In particolare, attraverso un meditato intervento legislativo volto a sospendere quanto prima l’entrata in vigore di alcuni dei più preoccupanti decreti di attuazione della riforma dell’ordinamento giudiziario, voluta un anno fa dall’allora ministro Roberto Castelli.

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